Cristo si è fermato a Goro

L’umanità negata

Il governo ha voluto evitare uno scontro con gli abitanti di Goro, nel ferrarese, dove si sono costruite delle barricate in strada per impedire l’ingresso a dodici donne migranti una delle quale incinta di bimbo. Un contingente tale da poter trovare una dislocazione più accogliente, senza provocare particolari patemi. Il ministro degli Interni ha detto che c’è un’Italia ospitale, capace di far fronte all’emergenza senza isterismi e quindi tanto vale rivolgersi a chi è più ben disposto ad aiutare non i clandestini, ma coloro che hanno diritto all’accoglienza. Se l’accaduto di Goro fosse un episodio marginale ci si potrebbe passare tranquillamente sopra, purtroppo l’impressione è che se vi è una parte della popolazione italiana consapevole della necessità di soccorrere chi si trova nel disagio, vi è anche un’ Italia che si ritrae verso ogni obbligo solidale. Ha ragione la Curia a protestare. Un conto è aprire le frontiere a chiunque, un altro, ben diverso, è rispondere a dei comuni principi di umanità. Goro evidenzia però per quanto in ambito molto ristretto, come sia sottile la linea di confine che separa i migranti dai clandestini e come molti nostri cittadini nemmeno la percepiscano. Hanno torto ma con una motivazione, quella per la quale altri paesi europei non vogliono nemmeno confrontarsi con questo problema e promettono di alzare muri dietro cui ripararsi. Invece di spendere soldi per aiutare gli abitanti di Stati in crisi, preferiscono spenderli per arroccarsi dietro le pareti di una sicurezza illusoria. Se l’Europa non progetta un piano per stabilizzare le aree limitrofe intente in una guerra permanente, non troverà barriere abbastanza spesse per difendersi. Basta dare un’occhiata alle quantità di migranti alle frontiere per capirlo. L’Italia, le va dato atto, ha fatto finora il suo dovere, tanto da poter essere indulgente persino con le cattive maniere dei cittadini di Goro. Attenzione solo a consentire che quella della mobilitazione per respingere i rifugiati non diventi una abitudine indecente.

Roma, 26 ottobre 2016